L’ipnotista

L’ispettore Joona Linna ha un testimone oculare della brutale carneficina di una famiglia nei sobborghi di  Stoccolma. Il testimone, il figlio adolescente della famiglia è vivo per miracolo e non può essere interrogato  in maniera convenzionale. Anche la figlia maggiore è scomparsa misteriosamente. Sembra che qualcuno stia  cercando di annientare l’intera famiglia e Joona Linna teme che la ragazza possa essere la prossima vittima  dell’assassino. Lottando contro il tempo, Linna persuade l’ipnotista a fare un tentativo per comunicare con il  ragazzo e farlo parlare sotto ipnosi. Erik Maria Bark rompe la sua promessa solenne di non praticare più  l’ipnosi e un pericoloso viaggio nella smisurata oscurità del subconscio ha inizio.”L’ipnotista” di Alexander e Alexandra Ahndoril – che si firmano con lo pseudonimo Lars Kepler – è un romanzo che ben si presta all’adattamento cinematografico: per la scrittura rapida e diretta e per un plot intrigante che, tradotto in immagini, garantisce una notevole presa su chi guarda. Con questa premessa, la valutazione del lavoro di Lasse Hallström va indirizzata alla forma più che alla sostanza della storia e all’approfondimento di tematiche e realtà che si intrecciano alle indagini dell’ispettore Joona Linna. Analizzandone lo stile, non possiamo non notare che, quanto più il regista si allontana da Hollywood, tanto più il suo modo di filmare si fa più realistico e meno flamboyant. Tornando nella nativa e gelida Svezia, Hallström stempera i colori accesi di Chocolat e di Hachicko, si lascia alle spalle l’estetica anni Settanta de L’imbroglio e opta per una rappresentazione abbastanza realistica di una Stoccolma invernale, la sua Stoccolma, dove ha vissuto i suoi primi quartant’anni.dentro le case iper-riscaldate di questa città che si consuma il dramma che Hallström ha più urgenza di raccontare: non l’assassinio a suon di coltellate di un padre, una madre e una figlia, ma la progressiva disgregazione della famiglia con la “f” maiuscola, esemplificata dall’insanabile frattura fra l’ipnotista e sua moglie. Dilaniati e devastati da un tradimento mai superato, i coniugi Bark vanno avanti a recriminazioni e dosi massicce di sonniferi e sono uno l’inferno dell’altro, l’uno il veleno dell’altro. Certo, la radiografia del loro matrimonio ricorda molto il cinema di Ingmar Bergman, sicuramente più lucido nell’analisi della coppia, ma il riferimento non sembra tanto consapevole, anche perchè il regista si muove in un terreno diverso, e cioè l’horror, genere che oltre a dar corpo alle paure del singolo e della collettivià, individuando nella famiglia massacrata un’amplificazione dei conflitti di casa Bark, ha comunque il compito  intrattenere. L’ipnotista è indubbiamente uno dei film migliori dell’ultimo Hallström, che nelle rughe di una Lena Olin lontanissima dai visi di plastica delle dive americane, esprime un bisogno di verità e un desiderio di introspezione. (2013) di Lasse Hallström (Svezia)

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